Ray Davies è stato il più importante cantautore inglese. Di certo il più grande musicista inglese che ha fatto della propria terra natale la sua poetica. Le sue canzoni sono vignette che rappresentano un mondo passato ormai inesistente o forse mai esistito ma vivo nella mente di Davies. Si limitasse solo a questo la sua impronta sulla musica pop rock essa sarebbe già molto profonda, se aggiungiamo che i Kinks sono stati il gruppo che ha dato vita a due generi come il punk e l’hard rock grazie ai loro primi singoli ci si rende subito conto della sua rilevanza.
Gli esordi vedono il gruppo composto dai due fratelli Davies Ray e Dave alle chitarre, Pete Quaife al basso e Mick Avory alla batteria. I Kinks inizialmente propongono una versione di merseybeat mescolato con r&b e chitarre violentate da primi rudimentali esperimenti con distorsioni.
Gli esordi vedono il gruppo composto dai due fratelli Davies Ray e Dave alle chitarre, Pete Quaife al basso e Mick Avory alla batteria. I Kinks inizialmente propongono una versione di merseybeat mescolato con r&b e chitarre violentate da primi rudimentali esperimenti con distorsioni.
1964. KINKS
I primi due singoli della band (la cover di “Long Tall Sally” e “You Still Want Me”) non garantiscono alla band un immediato successo. È la terza uscita a meritargli il consenso di pubblico e soprattutto, limitativo anche a dirlo, a fargli cambiare il corso della musica rock. Il brano è composto totalmente da serie di due accordi. L’idea rivoluzionaria di Dave Davies, chitarrista del gruppo, è di tagliare letteralmente il suo amplificatore in sede di registrazione per potenziare la ruvidità del pezzo. Questo esperimento porta alla creazione di uno dei suoni più potenti della musica rock. Il suono di “You Really Got Me” sarà presente nella maggior parte delle chitarre garage punk da lì a venire. Altra caratteristica fondamentale del brano è il veloce assolo che fa da ponte al finale. Prendendo strade che si separeranno, è da “You Really Got Me” che prende via il percorso di concepimento e conseguente evoluzione del punk e dell’hard rock. A sottolineare questo percorso rivoluzionario è anche il singolo successivo “All Day And All Of The Night” che, muovendosi nelle stesse sporche acque, accresce le violenza interpretativa. Il disco omonimo d’esordio conferma le aspettative date da questi due singoli. Le distorsioni sono sempre presenti, sia nei brani più tirati come “Beautiful Delilah”, “I’m A Lover Not A Fighter” e la martellante strumentale “Revenge”, che in quelli più canonici come “So Mistifying” e “Stop You Sobbing”. La voce di Davies è sempre rauca e nasale, le chitarre del fratello ad ogni battuta sempre più ruvide. Il lato melodico è occupato da “Just Can’t Go To Sleep” e “I Took My Baby Home” che sono dirette discendenti del merseybeat di Liverpool.
1965. KINDA KINKS
Ad accompagnare l’aspetto discografico, i Kinks si fanno conoscere in tutta Inghilterra grazie ai loro violenti concerti che spesso si concludono in risse tra i membri del gruppo. A superare per impatto sonoro la pesantezza dei Kinks saranno solo gli Who, tra i loro più grandi estimatori. Uno di questi episodi costa al gruppo una censura da parte del mercato discografico americano che impedirà alla band di esibirsi oltreoceano per i successivi cinque anni. A dar seguito ai successi dell’anno precedente ci pensano la melodica “Tired Of Waiting For You” e il rockabilly elettrificato di “Ev’rybody’s Gonna Be Happy”. Il secondo album oltre ad essere diretta conseguente del precedente (“Got My Feet On The Ground”, “Come On Now”) lascia intravedere qualche primo barlume acustico nelle composizioni di Davies (“Nothin’ In This World Can Stop Me From Worryin’ ‘Bout That Girl”, “So Long”, “Something Better Beginning”). A proseguire su un percorso di mediazione è pubblicato il settimo singolo “Set Me Free” che è più vicino alle sponde tranquille di “Tired Of Waiting For You” che a quelle scogliose di “You Really Got Me”. Di opposta ispirazione è invece la potentissima B side “I Need You”.
1965. THE KINK KONTROVERSY

1966. FACE TO FACE
È con il 1966 che Davies comincia a comporre una serie di capolavori di musica popolare che proseguiranno almeno fino ad inizio anni ’70. Primi fondamentali singoli di questo nuovo corso sono “Sunny Afternoon” e “Dead End Street”, due modi speculari per descrivere la società contemporanea: la prima incentrata sulla upper class, con le innocue difficoltà date dalla sua routine, e la seconda sulla working class, un vero capolavoro per composizione e liriche. Incastonato tra queste due pubblicazioni è posto l’album Face To Face. Il disco è uno dei primi concept album della musica inglese. Come lasciato intuire dal titolo quest’opera è una rassegna che passa volto per volto una serie di personaggi reali e surreali descritti con minuziosa severità a volte e sarcastica ironia in altre. Da un’impiegata di un’agenzia del telefono (“Party Line”) passiamo ad una ragazza scappata di casa (“Rosie Won’t You Please Come Home”) per poi imbatterci nel ragazzo alla moda del quartiere (“Dandy”), la sua controparte (“Little Miss Queen Of Darkness”) e fare quattro chiacchiere sulla ripetitività del lavoro di “Session Man”. In tutto il nostro peregrinare con Davies troviamo anche il tempo per godere dei benefici dati da una vita agiata nella nostra “House In The Country” indecisi se acquistare il “Most Exclusive Residence For Sale” del paese e, da migliori degli inetti, farci spennare di tutti i quattrini durante la nostra “Holiday In Waikiki”. I racconti di Davies sono di una sconfitta sociale mediata da un’unica possibilità di salvezza data dall’autocoscienza della propria posizione di eterno perdente.
1967. SOMETHING ELSE BY THE KINKS
Nel 1967 mentre il mondo del rock è in preda ad aprire le proprie porte della percezione durante la summer of love Ray Davies cerca qualcos’altro e mettendo la retromarcia imbeve la sua musica di elementi musicali arcaici della musica folkloristica britannica come il vaudeville, le marce popolari, il music hall e molte altre. Proseguendo per un paragone astratto è interessante affermare come Davies e Bob Dylan in quest’annata stiano seguendo le stesse ricerche sonore in direzioni divergenti: entrambi disinteressati al movimento psichedelico, del quale in parte sono stati per alcuni elementi artefici nel creare, rifuggono lo sguardo verso il futuro rannicchiandosi nelle musiche dei loro diretti padri, da un lato l’Inghilterra delle campagne e dei villaggi diroccati, dall’altro l’America della frontiera. Something Else segue il percorso di Face To Face andando più a fondo nella ricerca antropologica. Tutte le tracce che solcano il vinile sono imbevute di una pervadente malinconia dei tempi che furono e non saranno. Alla lista di personaggi se ne iscrivono altri. “David Watts”, ipotetico fratello del “Dandy” del precedente disco, il soldatino “Tin Soldier Man” e la sconfitta sociale nella contrapposizione della vita di due sorelle (“Two Sisters”). In oltre troviamo il primo brano di Dave Davies a riuscire a rivaleggiare con gli affreschi del fratello, la sardonica e decadente “Death Of A Clown”. Vero capolavoro dell’album e tra gli apici della poetica di Ray Davies è “Waterloo Sunset”, melanconica meditazione di un solitario osservatore della stazione di Waterloo al tramonto, dei suoi passanti tra i quali spiccano i due poveri innamorati Terry e Julie. Se pensiamo che tutto il mondo musicale negli stessi mesi è intento a viaggiare nei meandri della propria mente con dosi di marjiuana e acidi, farci offrire dalla famiglia Davies il the delle cinque (“Afternoon Tea”) è la cosa più paradossalmente trasgressiva che si possa immaginare. A chiudere l’annata i Kinks pubblicano il singolo “Autumn Almanac”, uno dei capolavori della musica pop inglese degli anni ’60, una rock opera condensata in unica canzone dove tutte le poetiche di Davies trovano posto. Di valore quasi pari è il suo corrispettivo lato B “Mr. Pleasant”.
1968. THE KINKS ARE THE VILLAGE GREEN PRESERVATION SOCIETY
Anticipato dai 45 giri “Wonderboy” e “Days”, il 1968 vede la pubblicazione dell’opera magna dei Kinks. The Village Green Preservation Society è un concept album sulla perdità di valori della società, una raccolta di vignette e schizzi su ipotetici abitanti dell’immaginario Villaggio Verde dipinto da Ray Davies. Quest’opera bucolica si staglia tra i più importanti manifesti della musica popolare inglese del secondo novecento. La somma dei brani che lo contengono, già di per sé rilevanti, compone un capolavoro più ampio delle sue singole parti. Questo disco è un percorso a bussare di porta in porta alle abitazioni del Villaggio per conoscerne gli abitanti e le loro caratteristiche. Ricordarsi insieme del mito del paese in “Do You Remember Walter”, dei suoi treni a vapore ormai scomparsi (“Last Of The Steam-Powered Trains”), osservare il disadattato “Johnny Thunder”, i propri amici di un tempo (“All Of My Friends Were There”), re innamorarsi di “Monica”, renderci conto di come la gente faccia fotografie per tenere vivi più che i propri ricordi la propria esistenza (“People Take Picture Of Each Others”). A guardarlo da lontano questo disco rende l’idea di trovarsi davanti ad un malconcio libro di vecchie fotografie con tutta la malinconia che quest’azione porta alla memoria (“Picture Book”). Il pubblico ormai è distante dai Kinks e dai voli della memoria di Davies e i dischi faranno solo sporadiche incursioni nelle classifiche. “… and if I talked about the old times you'd get bored and you'll have nothing more to say...”: Davies ne è più che consapevole.
1969. ARTHUR (OR THE DECLINE AND FALL OF THE BRITISH EMPIRE)
Riadattato da un progetto televisivo fallito i Kinks si cimentano nella loro prima rock opera. Arthur è un lavoro più complesso dei precedenti e possiede strutture compositive più articolate. Il discorso Davisiano dalla Gran Bretagna si allarga a tutto il Commonwelth narrando le vicende di un uomo borghese che dalla sua terra natia parte per cercare fortuna in Australia. L’opera contiene meditazioni sulla politica, sulla guerra (“Yes Sir, No Sir”, “Some Mother’s Son”, “Mr. Churchill Says”), sulla perenne sconfitta dell’uomo medio nei confronti delle istituzioni della società odierna (“Brainwashed”). A differenza di album a se coevi come Tommy degli Who e S. F. Sorrow dei Pretty Things, Arthur risulta un disco sicuramente più semplice ma allo stesso tempo solare riuscendo a non indugiare eccessivamente sugli aspetti più tetri tipici di una rock opera. La memoria storica è sempre presente (“Victoria”), così come le ipotesi di fuga dall’opprimente realtà urbana (“Drivin’”). Capolavoro del disco sono i sei minuti di “Shangri-la”, descrizione definitiva in musica della poetica di Davies. A compendio dell’album che vede l’avvicendarsi tra lo storico bassista Quaife con il nuovo John Dalton, è pubblicato il singolo “Plastic Man”.
1970. LOLA VERSUS POWERMAN AND THE MONEYGOROUND PART ONE
Partendo dall’ultimo brano di Arthur, la sua titletrack, i Kinks, forse grazie anche alla conclusione della diffida dal suonare in America, iniziano ad incorporare elementi caratteristici del sound statunitense come bluegrass e country. Il tutto risulta evidente con l’album del 1970, Lola che, lanciato dal singolo omonimo, torna a dare qualche frutto anche in campo di vendite. Curioso è il fatto che il disco del ritorno al successo commerciale sia un concept album incentrato su una forte critica alle case discografiche (“Powerman”) e alle loro strategie di spremitura degli artisti (“The Moneygoround”). Il lotto di brani vede spiccare il secondo singolo “Apeman”, i country inglesizzati “This Time Tomorrow” e “Denmark Street” e l’ottima ballata di Dave Davies “Strangers”. La chiusura dell’anno vede la pubblicazione della colonna sonora per il film Percy. Disco di poco interesse contiene di rilevante solo il brano “God’s Children”.
1971. MUSWELL HILLBILLIES

1972. EVERYBODY’S IN SHOW-BIZ, EVERYBODY’S A STAR
Everybody’s In Show-biz inizia una seconda evoluzione nel suono del gruppo: dai concept album Davis tenta il grande salto e punta direttamente ai teatri cercando di creare quello a cui aveva sempre mirato da inizio carriera: la realizzazione di una grande opera popolare inglese. Show-biz è ancora un disco di transizione in questo percorso, diviso in due parti, una in studio e una dal vivo, è prosecuzione della critica al mercato discografico cominciata con Lola. Le pecche di questo album sono una sensibile sconnessione tra i brani che lo fa risultare più un riempitivo nella carriera che un album vero e proprio. Le uniche note positive sono i due brani pubblicati anche a parte, “Supersonic Rocket Ship”, ideale seconda parte di “Apeman”, la lunga nenia “Celluloid Heroes” e la curiosa “Hot Potatoes” sulle corde di Muswell Hillbillies. Il secondo disco non merita neppure menzione per la qualità sonora da bootleg e la scelta del materiale.
1973. PRESERVATION ACT 1
Il gruppo già tramutatosi in quintetto ai tempi di Lola con l’aggiunta di John Gosling alle tastiere ora è diventato un vero e proprio progetto teatrale scritturando sezioni di fiati, archi e coristi. Il primo atto del progetto Preservation è un crogiuolo di cose già espresse da Davies e soprattutto espresse in passato in maniera molto più convincente. Se nella teoria l’idea di ripercorrere le vicende del capolavoro Village Green con una narrazione che va a fondo nello studio dei personaggi risulta interessante, su disco la scrittura di Davies è ridondante e auto indulgente. Più che una nuova rock opera sembra di ascoltare un remake mal riuscito di Arthur. A salvare il tutto dal totale disinteresse è presente uno degli ultimi brani degni di nota del gruppo “Sweet Lady Genevieve” che si staglia notevolmente dal resto delle composizioni.
1974. PRESERVATION ACT 2
La seconda parte di Preservation riesce a coprire i difetti del primo atto con una migliore riuscita nella commistione tra rock e aspetti teatrali. L’amalgama dei brani e lo sviluppo narrativo è decisamente migliore. L’eccentricità dell’opera lo fa assomigliare a un punto di connessione tra The Who Sell Out (per un fluido connettivo dato dagli interventi dei giornali radio) e certi passaggi di Absolutely Free dei Mothers Of Invention (per la sua ecletticità musicale). Il disco non è neppure lontanamente paragonabile ai capolavori prece denti del gruppo ma è sicuramente il miglior risultato raggiunto nella sua incarnazione teatrale. Questa operazione avrà appunto superiori riscontri nella sua trasposizione su palco dove l’aspetto visivo, assente dal disco, eleverà maggiormente i risultati dell’opera.
1975. THE KINKS PRESENT A SOAP OPERA
Se il progetto di Preservation è tematicamente collegato a un lavoro precedente come The Village Green Preservation Society, l’opera successiva si rifà a idee già espresse in Lola Versus Powerman And The Moneygoround e Everybody’s In Showbiz. Soap Opera è uno studio sulla celebrità e i suoi aspetti più meschini. L’album risulta però il più debole di questa parte di carriera dei Kinks. Il lotto di brani scelti per comporre quest’opera teatrale non è all’altezza delle creazioni passate e le autoindulgenze di Ray Davies oltrepassano le qualità intrinseche di ogni singolo brano. La sensazione principale è la ridondanza, sia interiore al disco, sia rispetto a poetiche già comunicateci più volte dal compositore. Se in precedenza certe eccentricità potevano essere giustificate da ricercate ironie e trovate da cabaret, in quest’album le scuse ontologiche non sembrano più reggere e pare di essere sommersi da una sensazione di totale lascività interpretativa. Nella sua ingrità Soap Opera ha il suono e la rilevanza culturale di una telenovela, e se intrinsecamente questa scelta può risultare affine al suo scopo, il risultato viaggia su un livello di mediocrità preoccupante. Più che cercare picchi è molto più semplice trovare le cadute di stile. Tra le poche note positive ascriviamo la doppietta “Nine To Five”/”When The Work Is Over” e “Holiday Romance”, che fanno rivivere certe emotività passate nella scrittura Davisiana. In questo periodo il resto del gruppo sembra più assecondare passivamente le stravaganti idee di Davies che partecipare attivamente alle registrazioni.
1975. THE KINKS PRESENT SCHOOLBOYS IN DISGRACE
A chiudere il periodo teatrale di un gruppo che ormai non è più una rock band ma una banda di paese non può essere che un sentimento di malinconia. Schoolboys In Disgrace è un prequel di Preservation e segue le vicende della crescita adolescenziale di Mr. Flash, protagonista della doppia opera del biennio ‘73/’74. La qualità è di un gradino superiore a quella dell’album precedente grazie a un lieve ritorno a sonorità più rockeggianti. L’affiatamento tra i musicisti è migliorato e la volontaria scelta di seguire una filologia musicale incentrata su tipologie varie di rock anni ’50 è azzeccata. Il risultato tematico sembra predatare di qualche anno le sequenze scolastiche del Waters di The Wall attraverso una visione più sarcastica e ironica. Brani come “Education” e “The Last Assembly” hanno un suono e un’aspetto compositivo che convince maggiormente di tutto quello fatto in Soap Opera. Schoolboys sarà l’ultimo disco di quest’era dei Kinks. Con il successivo Sleepwalker si cimenteranno in un più canonico e per certi versi banale rock da arena. Davies concede alla sua malinconia e ai suoi ricercati anacronismi un ultimo saluto con la simbolica “No More Looking Back” che si rivela più un’autocritica e una spinta al cambiamento che un’autoanalisi poetica.
Discografia Uk
Lp:
1964 – Kinks [***]
1965 – Kinda Kinks [**1/2]
1965 – The Kink Kontroversy [***]
1966 – Face To Face [****]
1967 – Something Else By The Kinks [****]
1968 – The Kinks Are The Village Green Preservation Society [*****]
1969 – Arthur (Or The Decline And Fall Of The British Empire) [****]
1970 – Lola Versus Powerman And The Moneygoround Part One [***]
1971 – Muswell Hillbillies [***]
1972 – Everybody’s In Showbiz - Everybody's A Star [**]
1973 – Preservation Act 1 [**]
1974 – Preservation Act 2 [**1/2]
1975 – The Kinks Present A Soap Opera [*1/2]
1975 – The Kinks Present Schoolboys In Disgrace [**]
1964 – Kinks [***]
1965 – Kinda Kinks [**1/2]
1965 – The Kink Kontroversy [***]
1966 – Face To Face [****]
1967 – Something Else By The Kinks [****]
1968 – The Kinks Are The Village Green Preservation Society [*****]
1969 – Arthur (Or The Decline And Fall Of The British Empire) [****]
1970 – Lola Versus Powerman And The Moneygoround Part One [***]
1971 – Muswell Hillbillies [***]
1972 – Everybody’s In Showbiz - Everybody's A Star [**]
1973 – Preservation Act 1 [**]
1974 – Preservation Act 2 [**1/2]
1975 – The Kinks Present A Soap Opera [*1/2]
1975 – The Kinks Present Schoolboys In Disgrace [**]
Singoli / Ep:
Long Tall Sally – 1964
You Still Want Me – 1964
You Really Got Me – 1964
All Day And All Of The Night – 1964
Kingsize Session [Ep] - 1964
Tired Of Waiting For You – 1965
Ev’rybody’s Gonna Be Happy – 1965
Long Tall Sally – 1964
You Still Want Me – 1964
You Really Got Me – 1964
All Day And All Of The Night – 1964
Kingsize Session [Ep] - 1964
Ev’rybody’s Gonna Be Happy – 1965
Kingsize Hits [Ep] - 1965
Set Me Free – 1965
See My Friends – 1965
Kwyet Kinks [Ep] – 1965
Dedicated Follower Of Fashion – 1965
Sunny Afternoon – 1966
Set Me Free – 1965
See My Friends – 1965
Kwyet Kinks [Ep] – 1965
Dedicated Follower Of Fashion – 1965
Sunny Afternoon – 1966
Dedicated Kinks [Ep] - 1966
Dead End Street – 1966
Waterloo Sunset – 1967
Death Of A Clown – 1967
Autumn Almanac – 1967
Susannah’s Still Alive – 1967
Wonderboy – 1968
Dead End Street – 1966
Waterloo Sunset – 1967
Death Of A Clown – 1967
Autumn Almanac – 1967
Susannah’s Still Alive – 1967
Wonderboy – 1968

Days – 1968
Drivin’ – 1969
Shagri-la – 1969
Victoria – 1969
Lola – 1970
Apeman – 1970
God’s Children – 1971
From The Soundtrack Of The Film 'Percy' [Ep] - 1971
Supersonic Rocket Ship – 1972
Celluloid Heroes – 1972
Sitting In The Midday Sun – 1973
Sweet Lady Genevie – 1973
Mirror Of Love – 1974
Holiday Romance - 1974
Ducks On The Wall – 1975
You Can’t Stop The Music – 1975
No More Looking Back – 1976
Supersonic Rocket Ship – 1972
Celluloid Heroes – 1972
Sitting In The Midday Sun – 1973
Sweet Lady Genevie – 1973
Mirror Of Love – 1974
Holiday Romance - 1974
Ducks On The Wall – 1975
You Can’t Stop The Music – 1975
No More Looking Back – 1976
Live:
1968 – Live At Kelvin Hall
1968 – Live At Kelvin Hall
O.S.T.:
"Percy" - 1971