Band fondamentale per la costituzione del garage rock britannico i Nordirlandesi Them propongono un rythmn & blues che per ispirazione è filo conduttore e sintesi di quello epico degli Animals e quello rude e scarno di Pretty Things e Rolling Stones. In aggiunta a queste fonti ispirative va menzionata una resa in sede live che li avvicina al miglior gruppo che sta calcando i palcoscenici in quel periodo: gli Yardbirds con i loro rave up concertistici. Lungi dall’essere una semplice somma degli addendi sopra citati il risultato sonico dei Them riesce ad essere personale soprattutto in merito ad un cantante tra i migliori e personali della sua generazione. Van Morrison riesce a far arrugginire la potenza di Eric Burdon nella sgraziatezza di Phil May portando il cantato rock a livelli comunicativi ed espressivi elevatissimi. La sua voce sarà punto di riferimento per un’intera generazione di cantanti a partire dal suo primo fedele fan (ed emulatore): l’omonimo Jim. Morrison rimarrà tra le file del gruppo per i primi e più importanti tre anni (’64-’66), lasciandolo per dedicarsi ad una straordinaria carriera solista. I Them proseguiranno nonostante l’assenza del loro fondatore, più minati da litigi interni e legali che concentrati sulla produzione di nuova musica: in quel periodo di (scarsa) ispirazione psichedelica.
Gli esordi del gruppo avvengono con una serie di storici concerti al Maritime Hotel di Belfast con una formazione che oltre a Morrison comprende Alan Henderson al basso, Billy Harrison alla chitarra, Ronnie Millings alla batteria ed Eric Wixon alle tastiere. Tali esibizioni rimarranno tra le più mirabili dell’epoca, degli esperimenti sonori di dilatazione musicale e improvvisazione che arriveranno a farli conoscere fino all’isola madre e guadagnargli un contratto con la Decca. Il gruppo fresco di arrivo nella capitale inizia immediatamente l’attività di registrazione e pubblica a breve il suo primo singolo: la tiratissima “Don’t Start Crying Now” (1964), un r & b nella vena dei più violenti garage. La svolta della loro carriera sopraggiunge con il fondamentale secondo singolo, di notevole rilevanza per il contenuto di ambo le facciate. Come lato A presenta “Baby Please Don’t Go” che tramuta l’originale di Big Joe Williams in un garage rock ipertrofico con chitarre alla Shadows. Il lato B è occupato da quella che rimarrà come uno dei migliori brani garage di sempre nonché il miglior sconfinamento di Morrison nel genere, si tratta di “Gloria”: pezzo epocale di rabbia giovanile e furore sonoro. Terzo singolo e altro successo è “Here Comes The Night” composta per loro dal produttore Bert Berns che presenta al grande pubblico per la prima volta le doti più intrinsecamente soul del cantante. A seguito di questi riscontri commerciali e delle loro fulminanti perfomance dal vivo, che spesso trasformavano i loro brani in lunghe divagazioni da 20 minuti e più di improvvisazioni, il gruppo ad inizio estate consegna alle stampe il primo Lp dal titolo The “Angry” Young Them!. Il disco, come vuole la prassi del periodo, è un misto di reinterpretazioni di classici blues e brani originali. L’opera si apre con uno dei capolavori del gruppo, la funambolica “Mystic Eyes” che, notevolmente accorciata rispetto alle versioni live, presenta un’introduzione di cacofonia rythmn & blues che proseguendo in una seconda parte non meno composta vede una sbraitante improvvisazione vocale di Morrison ai limiti dello scat. Si prosegue con un Morrison più confidenziale ed interlocutorio con la successiva “If You And I Could Be As Two” (di Morrison), “Don’t Look Back” e “I’m Gonna Dress In Black” di ricco contenuto soul. A spingere il gruppo e le 14 tracce nella scala di gradimento valutativo è proprio l’interpretazione del cantante, vero istrione sonoro trasportatore di rabbia e cattiveria, che ricopre tutte le composizioni (prendere a testimonianza “Little Girl”, “Gone On Home Baby” e “I Like It Like That”) di quella che in sua assenza sarebbe stata una comunissima band tra le tante della british invasion. Di un fascino più oscuro e trascendente è la cupa “You Just Can’t Win” (tra i primi veri capolavori compositivi ed espressivi del cantante) che fa da tessuto connettivo con i primissimi Doors. Collegati alla parte più nera e soul del gruppo sono i due singoli pubblicati a parte posti a conclusione dell’annata: “One More Time” e “(It Won’t Hurt) Half As Much”.

I 45 giri successivi sono un ritorno in più sterrati luoghi musicali. “Call My Name”, avvicinandosi alla “Don’t Let Me Be Misunderstood” degli Animals, da sfoggio di una nuova rabbia approfondita con più cattiveria dal riff di “I Can Only Give You Everything”, brano garage pubblicato in primavera ‘66. Anticipati da un discreto successo il gruppo comincia un fondamentale tour oltreoceano che culmina con le celebri esibizioni a Los Angeles insieme agli allora esordienti Doors a rappresentazione di un simbolico passaggio di testimone. Questa tourné risulta in oltre importante per aver portato ad un parziale scioglimento e scissione del gruppo in due band distinte: da un lato la formazione guidata da Morrison e Henderson (titolari del nome) e dall’altro quella formata dal chitarrista Billy Harrison e dal batterista Pat McAuley che per questioni legali tramuta il proprio nome in Belfast Gypsies pubblicando una manciata di singoli ed un album esclusivamente per il mercato dell’Europa continentale (Them Belfast Gypsies, 1967). I due gruppi proseguono l’annata su due binari paralleli di garage rock e rythmn & blues. I Them di Morrison e Henderson in estate pubblicano il secondo album che, smerigliando gli appuntiti spigoli dell’esordio, propone un più ampio e soffice range di musica nera. Oltre a contenere i due singoli che gli hanno spianato la strada ad inizio anno il disco è bilanciato tra reinterpretazioni di classici (“Out Of Sight” fedele a James Brown, “I Put A Spell On You” che spalleggia non sfigurando con la versione coeva proposta dagli Animals puntando maggiormente sull’atmosfera che sulla potenza, e una sorprendente versione di “It’s All Over Now, Baby Blue” che rimaneggiando/rinnegando Dylan si concentra su una tensione costantemente trattenuta e lasciata implodere nel vuoto) e brani che vedono affermarsi le capacità cantautoriali di Morrison (se “Could You Would You” e “Bring ‘Em On In” non aggiungono molto al suo stile compositivo, “My Lonely Sad Eyes” e “Hey Girl”, illuminando il cupo viale aperto da “You Just Can’t Win”, lasciano intuire primi embrionali barlumi di Astral Weeks). I singoli immediatamente successivi all’album sono di quest’ultima vena espressiva. “Richard Cory” media il lirismo del cantante con un arrangiamento tra l’elettrico e l’acustico, “Friday’s Child” è un diretto proseguo di “Hey Girl” mentre “The Story Of Them” è un lungo commiato per il gruppo e l’ultima interpretazione di Morrison per la band che proseguirà nelle mani del bassista Henderson (e di una formazione instabile) con una serie di Lp americani che seguono con banale maniera il movimento psichedelico della West Coast (Now And Them, 1968; Time Out! Time In For Them, 1968; Them, 1970; Them In Reality, 1971). Tali produzioni (insieme a quelle dei Belfast Gypsies) se oltretutto paragonate al discorso musicale che Van Morrison sta intraprendendo nel medesimo periodo non fanno altro che rendere più chiare le distanze artistiche tra il geniale cantante ed il resto della band.
1965. THE “ANGRY” YOUNG THEM!
Gli esordi del gruppo avvengono con una serie di storici concerti al Maritime Hotel di Belfast con una formazione che oltre a Morrison comprende Alan Henderson al basso, Billy Harrison alla chitarra, Ronnie Millings alla batteria ed Eric Wixon alle tastiere. Tali esibizioni rimarranno tra le più mirabili dell’epoca, degli esperimenti sonori di dilatazione musicale e improvvisazione che arriveranno a farli conoscere fino all’isola madre e guadagnargli un contratto con la Decca. Il gruppo fresco di arrivo nella capitale inizia immediatamente l’attività di registrazione e pubblica a breve il suo primo singolo: la tiratissima “Don’t Start Crying Now” (1964), un r & b nella vena dei più violenti garage. La svolta della loro carriera sopraggiunge con il fondamentale secondo singolo, di notevole rilevanza per il contenuto di ambo le facciate. Come lato A presenta “Baby Please Don’t Go” che tramuta l’originale di Big Joe Williams in un garage rock ipertrofico con chitarre alla Shadows. Il lato B è occupato da quella che rimarrà come uno dei migliori brani garage di sempre nonché il miglior sconfinamento di Morrison nel genere, si tratta di “Gloria”: pezzo epocale di rabbia giovanile e furore sonoro. Terzo singolo e altro successo è “Here Comes The Night” composta per loro dal produttore Bert Berns che presenta al grande pubblico per la prima volta le doti più intrinsecamente soul del cantante. A seguito di questi riscontri commerciali e delle loro fulminanti perfomance dal vivo, che spesso trasformavano i loro brani in lunghe divagazioni da 20 minuti e più di improvvisazioni, il gruppo ad inizio estate consegna alle stampe il primo Lp dal titolo The “Angry” Young Them!. Il disco, come vuole la prassi del periodo, è un misto di reinterpretazioni di classici blues e brani originali. L’opera si apre con uno dei capolavori del gruppo, la funambolica “Mystic Eyes” che, notevolmente accorciata rispetto alle versioni live, presenta un’introduzione di cacofonia rythmn & blues che proseguendo in una seconda parte non meno composta vede una sbraitante improvvisazione vocale di Morrison ai limiti dello scat. Si prosegue con un Morrison più confidenziale ed interlocutorio con la successiva “If You And I Could Be As Two” (di Morrison), “Don’t Look Back” e “I’m Gonna Dress In Black” di ricco contenuto soul. A spingere il gruppo e le 14 tracce nella scala di gradimento valutativo è proprio l’interpretazione del cantante, vero istrione sonoro trasportatore di rabbia e cattiveria, che ricopre tutte le composizioni (prendere a testimonianza “Little Girl”, “Gone On Home Baby” e “I Like It Like That”) di quella che in sua assenza sarebbe stata una comunissima band tra le tante della british invasion. Di un fascino più oscuro e trascendente è la cupa “You Just Can’t Win” (tra i primi veri capolavori compositivi ed espressivi del cantante) che fa da tessuto connettivo con i primissimi Doors. Collegati alla parte più nera e soul del gruppo sono i due singoli pubblicati a parte posti a conclusione dell’annata: “One More Time” e “(It Won’t Hurt) Half As Much”.
1966. THEM AGAIN

I 45 giri successivi sono un ritorno in più sterrati luoghi musicali. “Call My Name”, avvicinandosi alla “Don’t Let Me Be Misunderstood” degli Animals, da sfoggio di una nuova rabbia approfondita con più cattiveria dal riff di “I Can Only Give You Everything”, brano garage pubblicato in primavera ‘66. Anticipati da un discreto successo il gruppo comincia un fondamentale tour oltreoceano che culmina con le celebri esibizioni a Los Angeles insieme agli allora esordienti Doors a rappresentazione di un simbolico passaggio di testimone. Questa tourné risulta in oltre importante per aver portato ad un parziale scioglimento e scissione del gruppo in due band distinte: da un lato la formazione guidata da Morrison e Henderson (titolari del nome) e dall’altro quella formata dal chitarrista Billy Harrison e dal batterista Pat McAuley che per questioni legali tramuta il proprio nome in Belfast Gypsies pubblicando una manciata di singoli ed un album esclusivamente per il mercato dell’Europa continentale (Them Belfast Gypsies, 1967). I due gruppi proseguono l’annata su due binari paralleli di garage rock e rythmn & blues. I Them di Morrison e Henderson in estate pubblicano il secondo album che, smerigliando gli appuntiti spigoli dell’esordio, propone un più ampio e soffice range di musica nera. Oltre a contenere i due singoli che gli hanno spianato la strada ad inizio anno il disco è bilanciato tra reinterpretazioni di classici (“Out Of Sight” fedele a James Brown, “I Put A Spell On You” che spalleggia non sfigurando con la versione coeva proposta dagli Animals puntando maggiormente sull’atmosfera che sulla potenza, e una sorprendente versione di “It’s All Over Now, Baby Blue” che rimaneggiando/rinnegando Dylan si concentra su una tensione costantemente trattenuta e lasciata implodere nel vuoto) e brani che vedono affermarsi le capacità cantautoriali di Morrison (se “Could You Would You” e “Bring ‘Em On In” non aggiungono molto al suo stile compositivo, “My Lonely Sad Eyes” e “Hey Girl”, illuminando il cupo viale aperto da “You Just Can’t Win”, lasciano intuire primi embrionali barlumi di Astral Weeks). I singoli immediatamente successivi all’album sono di quest’ultima vena espressiva. “Richard Cory” media il lirismo del cantante con un arrangiamento tra l’elettrico e l’acustico, “Friday’s Child” è un diretto proseguo di “Hey Girl” mentre “The Story Of Them” è un lungo commiato per il gruppo e l’ultima interpretazione di Morrison per la band che proseguirà nelle mani del bassista Henderson (e di una formazione instabile) con una serie di Lp americani che seguono con banale maniera il movimento psichedelico della West Coast (Now And Them, 1968; Time Out! Time In For Them, 1968; Them, 1970; Them In Reality, 1971). Tali produzioni (insieme a quelle dei Belfast Gypsies) se oltretutto paragonate al discorso musicale che Van Morrison sta intraprendendo nel medesimo periodo non fanno altro che rendere più chiare le distanze artistiche tra il geniale cantante ed il resto della band.
Discografia Uk
Lp:
1965 – The “Angry” Young Them! [***]
1966 – Them Again [**1/2]
Singoli / Ep:
Don't Start Crying Now - 1964
Baby, Please Don't Go - 1965
Here Comes The Night - 1965
One More Time - 1965
(It Won't Hurt) Half As Much - 1965
Mystic Eyes - 1966
Call My Name - 1966
I Can Only Give You Everything - 1966
Richard Cory - 1966
Friday's Child - 1967
The Story Of Them - 1967